L'Intervento
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La Storia dell'Acqua in Bottiglia

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L'Intervento
di Giuseppe Altamore

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L'Organizzazione Amministrativa

Una trattazione peculiare merita l’organizzazione burocratica ed amministrativa del sistema degli acquedotti, che non era per nulla approssimativa. Nulla veniva lasciato al caso. Durante la Repubblica prima e il Principato poi, vi fu sempre un ufficio preposto. All’inizio era il censore (o degli edili coadiuvati da numerosi funzionari), affiancato dal questore per le questioni finanziarie15, ad occuparsene. In seguito Ottaviano Augusto decise di creare un’apposita organizzazione gestita dal generale Vipsanio Agrippa16, suo genero (che aveva 240 schiavi privati addetti a queste attività, poi divenuti di proprietà pubblica dopo la sua morte, poiché di quest’attività si occupò poi direttamente l’imperatore17). Il funzionario di nomina imperiale e di estrazione senatoria, era chiamato curator aquarum18 e aveva al suo fianco uno stabile e vasto apparato amministrativo che aveva la sua sede presso il Porticus Minucia Frumentaria (nell’area presso l’attuale Largo Argentina) che poi fu trasferita nel Forum Romanum19. Segretari, impiegati e archivisti lavoravano presso l’ufficio; molti altri, invece, eseguivano materialmente i lavori di manutenzione e riparazione. Costoro erano quegli aquarii (spesso di condizione servile) di cui abbiamo già parlato. Essi utilizzavano quei budelli che, grazie agli appigli di cui erano dotati, portavano in profondità, fino al dotto.

foro romano

Vi erano poi, naturalmente, ingegneri, architetti, nonché libratores e plumbarii, che rispettivamente si occupavano di misurare le distanze e di disporre le tubature.  Il curator aquarum si occupava anche del lato tributario della gestione degli acquedotti. Agrippa, come ci narra Vitruvio, aveva pensato di far pagare una tassa ai privati che utilizzavano l’acqua sulla base di un contratto stipulato tra questi e lo Stato. Tutto questo aveva lo scopo di eliminare le distorsioni che si erano evidenziate in precedenza: allacciamenti abusivi (una vera piaga, in grado di mettere a rischio l’intera organizzazione della distribuzione delle acque) e i privilegi delle concessioni.  


15 Unica eccezione è stato l’incarico affidato al pretore Quinto Marcio Re che ebbe il compito di riparare gli acquedotti usurati dal tempo, di combattere i consueti allacciamenti illegali e di cercare un nuovo approvvigionamento idrico per la città, che in effetti fu trovato. Nacque così, nel 144 a.C., l’Aqua Marcia, che alimenta ancora oggi la fontana situata sul Campidoglio.
16 La sua gestione, in accordo alla volontà imperiale si protrasse dal 33 al 12 a. C. Era un uomo che di acqua si intendeva: fu lui a sconfiggere la flotta di Marco Antonio e della regina Cleopatra nella battaglia di Azio, il 2 settembre del 31 a.C. Poco prima aveva anche sconfitto Sesto Pompeo, figlio del Magno, in un’altra battaglia navale questa volta presso Milazzo, in Sicilia.
17 Altri 460 schiavi vennero aggiunti sotto l’imperatore Claudio, a spese delle casse imperiali (fiscus). Il numero complessivo delle persone dipendenti da quest’ufficio arrivò fino a 700 all’epoca di Frontino. In occasione di lavori eccezionali, quali ad esempio la costruzione di un nuovo acquedotto, il numero degli ausiliari aumentava, per coprire le peculiari esigenze del caso.
18 Il curator aquarum era un magistrato di grande importanza e aveva diritto alla sella curulis (una specie di sedia pieghevole che solo i magistrati superiori in grado potevano utilizzare) alla toga praetexta e godeva anche dell’immunità. Egli poteva accompagnarsi anche a due littori, ma non all’interno del Pomerium.
19 Il momento del trasferimento risale all’epoca di Costantino. Successivamente la magistratura delle acque decadde, per passare alla competenza di una nuova figura istituzionale, il Consularis aquarum. Dopo il 330 D.C. la gestione degli acquedotti di Roma passò al Praefectus Urbis (carica che comportava il governo della città).


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